Padre Ignazio era il bibliotecario del monastero di Avio. Lo era diventato dieci anni prima, quando il suo predecessore, padre Tobia, era passato a miglior vita dopo una lunga malattia al cuore.
Non che gli piacesse più di tanto prender polvere tra scaffali e vecchi tomi, ma era sempre meglio che sporcarsi le mani zappando la terra o perdere qualche falange al laboratorio di padre Fernando. Era un lavoro noioso, ma sicuro.
E poi, fatto ancor più sorprendente per un uomo non troppo colto, star vicino alle pagine ingiallite dei libri gli consentiva di perdersi nelle trame di storie e leggende antiche.
Month: February 2019
Un passo verso il Dharma
Quando lo incontrai per la prima volta, il dharma aveva la forma semplice e vuota d’una parola sconosciuta nelle fitte pieghe di un romanzo. Compariva già nel titolo, poi tornava, ricorrente e ossessiva, nei passaggi salienti dell’opera.
Parlo, naturalmente, dei Vagabondi del Dharma di Jack Kerouac, libro difficilmente comprensibile se non si ha confidenza con termini e significati d’una certa tradizione spirituale. Al tempo, io non facevo troppo caso agli orientalismi che comparivano nel testo, ma preferivo soffermarmi sulla lettura generale che Kerouac dava della vita in movimento. Dopo aver letto On the road, infatti, la febbre del lettore m’aveva colto nel momento di maggior vulnerabilità, mentre mi trovavo completamente immerso nei grandi progetti e nelle vive ambizioni del viaggiatore. E m’aveva spinto a rileggere, nella prosa saliente e provocatoria di Kerouac, quegli stessi frammenti di vita che intendevo recuperare.
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9 PM, February 27th 2018, Malpensa Airport
There was a long line checkin’ in. Voices of departing flights came out of the speakers. Hasty travelers ran from here to there dragging heavy luggages covered in plastic, and swearing in multiple languages.
Artificial lights illuminated the grey atmosphere in that cold winter night. Lost inside the wide spaces of the airport, I was getting ready for the departure.
Everything I cared about in that moment was a tasty pizza on my plate, Mohamed’s silly jokes and my own stupid effort to hide every symptom of anxiety.
Anno Zero
Erano le nove di sera del 27 febbraio.
C’era una fila interminabile al check in. Dagli altoparlanti suonavano annunci di voli in partenza. Viaggiatori frettolosi correvano di qua e di là trascinando bagagli ricoperti di cellophane e imprecando in mille lingue diverse.
Nero su bianco. Scrivere oggi
Ci vuole poco per costruire un mondo. Basta una penna, unita alla giusta quantità di inchiostro e carta, e les jeux sont faits.
In realtà – insegna la storia della letteratura – c’è molto di più in una “mano che scrive”.
Innanzitutto, ci sono desideri, sogni, impressioni, paure, contraddizioni, esitazioni, riflessioni e tentativi di autoanalisi, masturbazioni intellettuali, memorie di esperienze pregresse, convinzioni e concetti immaturi. C’è, o perlomeno ci dovrebbe essere, una sorta di impalcatura di pensiero che regge la penna e la fa muovere a suo piacere. In altre parole, una parte sostanziosa del proprio vissuto è tradotta, esplicitata, “messa in riga”, in una serie variabile di parole. Che dire poi di quei casi, tanto sofferti quanto mirabili, in cui è la vita nella sua totalità ad affiorare dai periodi e dai capitoli?
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