La seguente UdA è rivolta a studenti di Lingua Italiana L2/LS che dimostrino un livello di competenza intermedio o avanzato (B1, B2 e C1 del QCER), dunque applicabile, con i dovuti accorgimenti, a classi ad abilità differenziate.
La lezione è incentrata sull’analisi di un testo letterario secondo il modello di didassi proposto da Gianfranco Porcelli nel volume Principi di Glottodidattica (Editrice La Scuola, 1994). Nello specifico, gli apprendenti affronteranno la lettura di un passaggio tratto da La luna e i falò (1950), romanzo scritto da Cesare Pavese, scelto per l’affinità tematica (migrazione e rapporto con la terra nativa) e per la non eccessiva difficoltà della scrittura.
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La luna e i falò
Lettura e analisi del romanzo di Cesare Pavese
PRIMA DI LEGGERE
Chi era Cesare Pavese? Leggi la biografia e sottolinea le opere citate.
Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, dove il padre, cancelliere del tribunale di Torino, aveva una cascina. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino, anche se il giovane scrittore rimpiangerà sempre con malinconia i luoghi e i paesaggi del suo paese, visti come simbolo di serenità e spensieratezza e come luoghi dove trascorrere sempre le vacanze.
Una volta nella città piemontese di lì a poco il padre muore; questo episodio inciderà molto sull’indole del ragazzo, già di per sé scontroso e introverso. Timido ed introverso, amante dei libri e della natura, vedeva il contatto umano come il fumo negli occhi, preferendo lunghe passeggiate nei boschi in cui osservava farfalle e uccelli.
Compie gli studi a Torino dove ha come professore al liceo Augusto Monti, figura prestigiosa della Torino antifascista. Durante questi anni Cesare Pavese prende parte ad alcune iniziative politiche a cui aderisce poco volentieri.
Successivamente si iscrive all’Università nella Facoltà di Lettere. Mettendo a frutto i suoi studi di letteratura inglese, dopo la laurea (con la tesi “Sulla interpretazione della poesia di Walt Whitman”), si dedica a un’intensa attività di traduzioni di scrittori americani (come Sinclair Lewis, Herman Melville, Sherwood Anderson).
Nel 1931 Pavese perde la madre, in un periodo già molto difficile. Lo scrittore non è iscritto al partito fascista e la sua condizione lavorativa è molto precaria, riuscendo solo occasionalmente a insegnare in scuole pubbliche e private. Dopo l’arresto di Leone Ginzburg, un celebre intellettuale antifascista, anche Pavese viene condannato al confino per aver tentato di proteggere una donna iscritta al partito comunista; passa un anno a Brancaleone Calabro, dove inizia a scrivere il diario Il mestiere di vivere (pubblicato dopo la sua morte, nel 1952). Intanto diventa, nel 1934, direttore della rivista Cultura.
Tornato a Torino pubblica la sua prima raccolta di poesia, Lavorare stanca (1936), nello stesso tempo continua a tradurre scrittori inglesi e americani (John Dos Passos, Gertrude Stein, Daniel Defoe) e collabora attivamente con la casa editrice Einaudi.
Il periodo compreso tra il 1936 e il 1949 la sua produzione letteraria è ricchissima. Durante la guerra si nasconde a casa della sorella Maria, che ricorda nel romanzo La casa in collina. Il primo tentativo di suicidio avviene al suo ritorno in Piemonte, quando scopre che la donna di cui era innamorato nel frattempo si era sposata.
Alla fine della guerra si iscrive al Partito Comunista e pubblica sull’Unità I dialoghi col compagno (1945); nel 1950 pubblica il suo romanzo più famoso La luna e i falò, e nello stesso anno vince il Premio Strega con La bella estate.
Il 27 agosto 1950, in una camera d’albergo a Torino, Cesare Pavese, a soli 42 anni, si toglie la vita. Le sue ultime parole sono scritte sulla pagina di una copia dei Dialoghi con Leucò: “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi“.
(testo adattato da biografieonline.it)
IL TESTO LETTERARIO
Leggi il testo seguente e prova a dare un titolo al racconto.
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C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch’io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere». Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno [1] da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione. […] Così questo paese, dove non sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto. Uno gira per mare e per terra, come i giovanotti dei miei tempi andavano sulle feste dei paesi intorno, e ballavano, bevevano, si picchiavano, portavano a casa la bandiera e i pugni rotti. Si fa l’uva e la si vende a Canelli; si raccolgono i tartufi e si portano in Alba. C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonce [2] e di torchi [3] tutta la valle fino a Camo. Che cosa vuol dire? Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste cose si capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese? C’è qualcosa che non mi capacita. Qui tutti hanno in mente che sono tornato per comprarmi una casa, e mi chiamano l’Americano, mi fanno vedere le figlie. Per uno che è partito senza nemmeno averci un nome, dovrebbe piacermi, e infatti mi piace. Ma non basta. Mi piace anche Genova, mi piace sapere che il mondo è rotondo e avere un piede sulle passerelle. Da quando, ragazzo, al cancello della Mora mi appoggiavo al badile e ascoltavo le chiacchiere dei perdigiorno [4] di passaggio sullo stradone, per me le collinette di Canelli sono la porta del mondo. Nuto che, in confronto con me, non si è mai allontanato dal Salto, dice che per farcela a vivere in questa valle non bisogna mai uscirne. Proprio lui che da giovanotto è arrivato a suonare il clarino [5] in banda oltre Canelli, fino a Spigno, fino a Ovada, dalla parte dove si leva il sole. Ne parliamo ogni tanto, e lui ride.
(La luna e i falò, I, Einaudi, Torino, 2005, pp. 9-13)
Note:
[1] Cesto, contenitore.
[2] Recipiente a forma di cono rovesciato usato per il trasporto dell’uva.
[3] Macchinario utilizzato per schiacciare l’uva.
[4] Fannulloni, persone che non fanno niente.
[5] Strumento a fiato, simile a una tromba.
COMPRENDERE IL TESTO
1) Rileggi il testo, dividilo in paragrafi dove possibile e dai un titolo a ogni paragrafo.
2) Compila la scheda di lettura (per le domande a,b,c cerca le informazioni nella biografia):
a) Chi è l’autore? ……………………………………..
b) Come si intitola l’opera?……………………………………..
c) Quando è stata pubblicata? …………………………………….
d) Da quale casa editrice è stata pubblicata? ……………………………………
e) Che genere di opera è? ………………………………….
f) Il narratore è in prima o terza persona? …………………………………..
g) Il punto di vista è interno o esterno? ………………………………………
h) Come è il registro del racconto? Alto e formale, medio, oppure basso e informale? ……………………………………….
ANALIZZARE IL TESTO
1) Rispondi alle domande.
Dov’è nato il protagonista?
a. In una grande città
b. In un paesino di collina
c. Non è specificato
Il protagonista ….
a. Ha fatto molti viaggi per il mondo
b. Ha viaggiato poco ed è sempre tornato a casa
c. Non è mai uscito dal paese dove è nato
Che cosa pensa il protagonista del suo soprannome “l’Americano”?
a. Prova fastidio
b. Ne è indifferente
c. E’ contento di essere chiamato così
In che cosa l’amico Nuto adesso è diverso dal narratore?
a. Viaggia di più
b. Non lascia mai il paese
c. Ama andare a Genova
2) Focus grammatica: il Si impersonale e il si passivante
a. Rileggi il testo e sottolinea tutti i verbi accompagnati dal “SI”.
b. Specifica se quei “SI” hanno valore riflessivo, impersonale o passivante.
c. Cambia le frasi nella forma impersonale o passivante come nell’esempio.
Es: Marco legge un libro –> Si legge un libro.
1. Nicola studia bene quando va in biblioteca.
2. In questa università gli studenti studiano arabo.
3. Non sempre i ragazzi ascoltano i consigli dei genitori.
4. Non possiamo nuotare quando il mare è mosso.
5. Quando nevica Maria sta volentieri a casa.
6. Se Roberta non arriva due ore in anticipo in aeroporto, non prenderà il volo.
7. Viaggiamo più sicuri in treno che in macchina.
8. Con più spazi verdi potremmo vivere meglio in quel quartiere.
9. Con la nebbia non riusciamo a guidare con sicurezza.
10. Non sempre troviamo il parcheggio in città.
(tratto da italianoperstranieri.mondadorieducation.it)
d. Indica il valore del “SI” nelle seguenti frasi:
valore riflessivo (R)
valore passivante (P)
valore impersonale (I)
1. Si distribuiranno cibi e bevande a tutti i partecipanti. …………
2. A che ora si parte? …………
3. I due ladri si accusavano a vicenda del furto …………
4. Quando si studia non si deve guardare la TV. …………
5. Chissà quando si scoprirà il colpevole? …………
6. In quel palazzo si affittano monolocali. …………
7. Non si può fare sempre quello che si vuole. …………
8. Non si può parlare durante la conferenza. …………
9. Gli innamorati si baciavano appassionatamente. …………
10. In questa libreria si vende l’ultimo romanzo di Roberto Saviano. …………
(tratto da italianoperstranieri.mondadorieducation.it)
OLTRE IL TESTO: RISCRITTURA
Il racconto affronta un tema molto importante: il ritorno a casa dopo anni passati in terra straniera. Ogni spostamento ha le sue ragioni: famiglia, lavoro, divertimento, ricerca di una vita migliore. Prova a riscrivere il testo dal tuo punto di vista, partendo dalla domanda: perché “un paese ci vuole”?