In qualità di insegnante, sovente mi interrogo sulle potenzialità delle attività di scrittura nel contesto d’apprendimento di una lingua seconda. La produzione scritta è, per l’allievo non madrelingua, una delle abilità primarie da sviluppare nel lungo processo apprenditivo.
Tradizionalmente considerata ostica da insegnare, perché esige dallo studente una certa capacità di elaborazione e organizzazione concettuale, la scrittura è stata rivalutata in positivo negli ultimi anni, se è vero che la tendenza della glottodidattica contemporanea è quella di proporre piccole attività di composizione fin dai primi livelli di conoscenza della lingua. Di conseguenza, non è affatto raro trovare degli esercizi finalizzati alla produzione di brevi frasi, poesie o didascalie nei manuali dedicati al livello A1.
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A filo d’acqua. Elogio di Marco Pagot, pilota
C’è qualcosa di estremamente poetico in un motore Fiat A.S.2[1] che, agitandosi, muove le lamiere di un capanno fino a farle volare via. Spunta e germoglia come una dolcezza che sonda l’anima in superficie, sfiorandola senza affondare il colpo. Lo si ritrova nella vernice rossa di un idrovolante, nell’espressione compunta di un viso stregato, in antiche promesse e ricordi troppo vivi per essere dimenticati. Ridurre tale quid poetico a mera allegoria sarebbe un errore, perché ci porterebbe pian piano a rinunciare al fragile incanto di certi momenti e di certe immagini, e a preferirvi una serie di considerazioni impertinenti figlie dell’interpretazione audace.
Mi sia concesso, dunque, di chiarire queste parole che ad alcuni potranno sembrare enigmatiche, affrontando a viso aperto il personaggio che le ha ispirate e, soprattutto, facendo cenno al mondo entro cui se ne dispiegano i riferimenti.
L’importanza di essere un Tolkieniano
Mi perdonerà il grande Oscar Wilde se parafraso, fuori contesto ma non per questo a sproposito, il titolo di una sua celebre commedia (The Importance of Being Earnest, 1895). Il caso, però, è talmente spinoso e scottante da richiedere il supporto – presente sotto forma di un prestito azzardato – di personalità ben più autorevoli di quanto non lo sia il sottoscritto.
Ebbene sì, al centro della questione sta l’importanza di essere un Tolkieniano. O di chiamarsi Tolkieniano. Di definirsi come tale, insomma. Di circoscriversi entro la cerchia, non sempre invitante, di chi vuole comunicare al mondo la sua passione per le opere di J.R.R. Tolkien.
Storia di un cacasotto che imparò ad amare il cinema Horror
C’è una famosa massima, attribuita da Plutarco a Giulio Cesare, che recita: Nihil nobis metuendum est, praeter metum ipsum. “Non dobbiamo aver paura di nulla, se non della paura stessa”.
Se vogliamo credere al biografo greco e alla sua Vita di Cesare, non ci stupirà che una frase simile sia stata pronunziata da uno che di infondere terrore se ne intendeva.
A dire il vero, sebbene gli aforismi spesso aiutino a far propri concetti complessi condensandoli in pochi versi, dietro alla paura si nasconde tutta una serie di meccanismi psicologici e istintuali la cui spiegazione non può essere in alcun modo ridotta a singole frasi.
Dall’arte allo streaming: Tales from the loop
Il dato è sotto gli occhi di tutti: nel decennio 2010-2020, l’esplosione delle piattaforme di streaming ha di fatto reso la serie tv il format dominante nella nostra quotidiana esperienza multimediale.
Il lavoro di colossi come Netflix, Amazon, Disney, HBO e Sky ha portato non solo alla diffusione capillare di contenuti tradizionalmente di nicchia, ma anche a un innalzamento della qualità tecnica degli stessi, con un conseguente incremento in termini di prestigio agli occhi di attori, registi e spettatori. Continue reading “Dall’arte allo streaming: Tales from the loop”
Perché Tolkien m’è rimasto nel cuore
Un autore che non fa discutere non lascia dietro di sé alcuna eredità. Potremmo dire, prendendo in prestito il vocabolario giornalistico, che “non fa notizia”. E questo rimane vero nella misura in cui si tende sempre più a giudicare il valore di un’opera in base all’impatto che genera sul pubblico e non alle sue qualità intrinseche. Giusto o sbagliato che sia, questo è il tipo di valutazione e di critica che prevale da almeno mezzo secolo.
Per tale motivo, autori che non hanno saputo elaborare stili o contenuti di memorabile spessore sono passati alla storia semplicemente per aver trascorso un’esistenza burrascosa o per aver espresso pensieri fuori dagli schemi, quando non al limite della censura. Contrariamente, scrittori di grande talento, ma senza vicende tragiche alle loro spalle, sono passati in sordina, destinati all’oblio.
L’umorismo calato nel reale: il ritorno al cinema di Aldo, Giovanni e Giacomo
Nel corso degli anni ho riflettuto molto sull’evoluzione – o l’involuzione – della commedia italiana. Mi faceva pensare come i tempi e i costumi potessero cambiare le occasioni e i modi di far ridere.
Allo stesso modo, mi stupivo di come solo in alcune commedie emergessero ritratti particolarmente precisi e fedeli di una certa italianità che andava modellandosi seguendo tratti più o meno estremizzati o stereotipati. Diamine, il tema mi era talmente caro che l’estate scorsa ne feci oggetto di lezione; e, nonostante fossi consapevole di quanto sia difficile far comprendere le radici di un umorismo come il nostro a una platea di studenti stranieri, il discreto successo riscontrato dall’esperimento mi regalò non poche soddisfazioni.
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How I Met Your Mother e l’arte di superare la commedia
E questa, ragazzi, è la storia di come una serie tv ha cambiato la mia vita.
Ok, forse c’era un modo più originale per iniziare, ma la tentazione di riprodurre quella voce fuori campo, che accompagnava l’inizio di ogni puntata, era troppo forte.
Ebbene sì, giunto per la quarta volta alla fine dell’ultima stagione, mi sono finalmente deciso a dedicare due parole alla sit-com che più mi è rimasta nel cuore.
Parlo, naturalmente, di How I Met Your Mother, show televisivo americano che è andato in onda dal 2005 al 2014 per un totale di nove stagioni e ben 208 episodi. In Italia, grazie a Mediaset, la serie s’è affacciata al grande pubblico con il titolo di E alla fine arriva mamma…, qualcosa che fa pensare più a una commediola sentimentale inzuccherata che non a una sit-com dalla meravigliosa complessità.
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Che cos’è la scrittura?
Sapete, nel corso dei tempi sono state date tante definizioni alla scrittura.
Quella strana, curiosa, discussa attività di chi si vuole o si fa definire scrittore.
Molti protagonisti hanno cercato in prima persona di teorizzare il proprio lavoro dando un senso a ciò che stavano facendo. Intellettuali, eruditi, romanzieri e poeti hanno riflettuto su quella missione, sui contenuti, ma anche sulla lingua che d’occasione in occasione veniva utilizzata.
E questo continuo interrogarsi, sebbene non abbia prodotto risposte o verità assolute, è stato un fondamentale esercizio di stile che ci ha portati a un mutamento nella concezione del ruolo dello scrittore nel continuum storico. Una posizione che da un prestigio storicamente notevole è andata, ahimè, svalutandosi, fino ad arrivare ai tempi più recenti, in cui il seggio occupato dallo scrittore nella società è tristemente marginale.
Un passo verso il Dharma
Quando lo incontrai per la prima volta, il dharma aveva la forma semplice e vuota d’una parola sconosciuta nelle fitte pieghe di un romanzo. Compariva già nel titolo, poi tornava, ricorrente e ossessiva, nei passaggi salienti dell’opera.
Parlo, naturalmente, dei Vagabondi del Dharma di Jack Kerouac, libro difficilmente comprensibile se non si ha confidenza con termini e significati d’una certa tradizione spirituale. Al tempo, io non facevo troppo caso agli orientalismi che comparivano nel testo, ma preferivo soffermarmi sulla lettura generale che Kerouac dava della vita in movimento. Dopo aver letto On the road, infatti, la febbre del lettore m’aveva colto nel momento di maggior vulnerabilità, mentre mi trovavo completamente immerso nei grandi progetti e nelle vive ambizioni del viaggiatore. E m’aveva spinto a rileggere, nella prosa saliente e provocatoria di Kerouac, quegli stessi frammenti di vita che intendevo recuperare.
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