Con la conclusione dell’Avvento, s’è portato a compimento anche il ciclo di incontri dedicato ad alcune letture moderne dell’apocalittica.
Per tre venerdì di dicembre (9, 16 e 23), il Santuario della Madonna della Castagna di Bergamo ha ospitato la rassegna “Il linguaggio della fine”, che ha visto alternarsi riflessioni incentrate su opere di letteratura del Novecento (italiana e non) a questioni di carattere più propriamente filosofico e teologico.
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Il mito degli Immortali
Premessa del traduttore
Il seguente brano, il cui titolo originale è The Ever-Living Ones, è tratto da una raccolta di miti e leggende della tradizione celtica, curata dallo scrittore britannico Peter Berresford Ellis (Coventry, 1943). La miscellanea riunisce alcuni tra i motivi più affascinanti di un corpus mitologico antichissimo che attraversa la storia millenaria di paesi come Irlanda, Scozia, Galles, Isola di Man, Cornovaglia e Bretagna. Il volume è stata pubblicato per la prima volta nel 1999 dall’editore londinese Robinson con il titolo di The Chronicles of the Celts. Nel 2008, la raccolta è stata ampliata e pubblicata da Running Press Book Publishers con il nuovo titolo di The Mammoth Book of Celtic Myths and Legends.
Nello specifico, il brano, di natura cosmogonica e teogonica, narra l’origine del mondo e di alcune divinità del pantheon celtico, nonché la storia dell’arrivo degli dei a Inisfáil, l’Isola del Destino, l’antica terra d’Irlanda.
Un passo verso il Dharma
Quando lo incontrai per la prima volta, il dharma aveva la forma semplice e vuota d’una parola sconosciuta nelle fitte pieghe di un romanzo. Compariva già nel titolo, poi tornava, ricorrente e ossessiva, nei passaggi salienti dell’opera.
Parlo, naturalmente, dei Vagabondi del Dharma di Jack Kerouac, libro difficilmente comprensibile se non si ha confidenza con termini e significati d’una certa tradizione spirituale. Al tempo, io non facevo troppo caso agli orientalismi che comparivano nel testo, ma preferivo soffermarmi sulla lettura generale che Kerouac dava della vita in movimento. Dopo aver letto On the road, infatti, la febbre del lettore m’aveva colto nel momento di maggior vulnerabilità, mentre mi trovavo completamente immerso nei grandi progetti e nelle vive ambizioni del viaggiatore. E m’aveva spinto a rileggere, nella prosa saliente e provocatoria di Kerouac, quegli stessi frammenti di vita che intendevo recuperare.
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